L'Osteoporosi

L’osteoporosi è una problematica dall’eziologia complessa e multifattoriale e il patrimonio genetico sembra essere tra i principali responsabili della variabilità interpersonale della “massa ossea” il cui massimo (picco di massa ossea) viene raggiunto in età giovanile. L’entità di tale picco risulta essere un importante fattore protettivo nei confronti dello sviluppo dell’osteoporosi in età avanzata quando, a causa dell’età o della menopausa, la perdita di massa ossea è accelerata.

Va sottolineato che l’osso è una struttura in continua modifica e il suo “rimodellamento” è controllato dagli osteoblasti, deputati alla sua formazione, e dagli osteoclasti, che lo riassorbono. La loro attività è modulata da varie sostanze presenti nel nostro organismo ed in particolare da citochine, dalla vitamina D e da alcuni ormoni quali l’ormone paratiroideo (PTH), la calcitonina e gli estrogeni.

Nelle donne, il deficit di estrogeni conseguente alla menopausa determina un innalzamento dei livelli di alcune citochine e un aumento dell’attivazione degli osteoclasti con conseguente incremento del riassorbimento osseo ed insorgenza dell’osteoporosi. La perdita di massa ossea postmenopausale avviene in modo molto rapido e si manifesta in particolare nei primi 4-8 anni dopo la menopausa.

Anche negli uomini i livelli ormonali tendono a diminuire con l’avanzare dell’età (>50 anni), ma questi cambiamenti sono graduali e meno rilevanti per cui si osserva generalmente una minore perdita di massa ossea.

A partire dai 60-65 anni di età la perdita di massa ossea dovuta ai processi fisiologici di invecchiamento risulta sovrapponibile nei due sessi e progredisce gradualmente per il resto della vita di una persona.

La forma di osteoporosi legata all’età viene definita “primaria” e va distinta dalla forma “secondaria” che è provocata da varie patologie endocrinologiche.

L’osteoporosi progredisce solitamente senza la comparsa di sintomi specifici, ma una volta manifestatasi può avere molteplici effetti sulla qualità di vita del soggetto. Molto spesso il primo sintomo coincide con il verificarsi di una frattura o lo schiacciamento di una o più vertebre che determinano intenso dolore al rachide, riduzione dell’altezza corporea e deformità della colonna vertebrale. In alcuni casi, l’osso osteoporotico è così fragile che le fratture possono verificarsi sia spontaneamente che come conseguenza di lievi traumi o di normali sollecitazioni (per es. piegarsi, sollevare un peso, tossire, ecc.).

La diagnosi di osteoporosi si basa su alcune (due) valutazioni, tra le quali va ricordata la densitometria ossea, che qui non affronto perché materia per esperti ed addetti ai lavori, ma semmai ribatto che poiché l’osteoporosi è una patologia piuttosto diffusa ed invalidante va ribadita la necessità di eseguire innanzitutto una efficace prevenzione mirante ad impedire e rallentare la comparsa dell’osteoporosi stessa.

Innanzitutto vanno consigliate sia come prevenzione primaria, cioè prima della comparsa dell’osteoporosi, che secondaria, cioè dopo il riscontro di osteoporosi più o meno marcata, alcune modificazioni dello stile di vita, attraverso interventi mirati sulla dieta, sull’attività fisica e sull’apporto di calcio e vitamina D, nonché l’eliminazione di alcuni fattori di rischio quali il fumo, l’abuso di alcol e i rischi ambientali di cadute.

Anche un adeguato apporto proteico risulta utile per mantenere una buona funzionalità muscolo-scheletrica, ridurre il rischio di complicanze dopo una frattura osteoporotica e ridurre il rischio di fratture.

Va poi raccomandato lo svolgimento di un minimo di attività fisica (camminare all’aperto per più di 30 minuti al dì) in quanto essa risulta avere un effetto positivo diminuendo il rischio di caduta e aumentando i livelli di vitamina D. Si segnala che in donne in postmenopausa l’attività fisica con carico (per es. corsa leggera, calcio, pallacanestro, pallavolo, tennis, ginnastica e baseball) ha dimostrato di prevenire l’1% della perdita minerale ossea annuale, con il beneficio maggiore riportato per la colonna vertebrale e che nella popolazione anziana l’impostazione di un piano personalizzato di esercizi di rinforzo muscolare e di rieducazione all’equilibrio e alla deambulazione ha mostrato di ridurre il rischio di cadute e di traumi a esse correlati. L’utilizzo di farmaci nella prevenzione primaria dell’osteoporosi non è, invece, quasi mai giustificato ed un eventuale intervento farmacologico in un paziente con osteoporosi va deciso basandosi sulla stima del rischio complessivo considerando il valore densitometrico e la valutazione di tutti i fattori di rischio individuali.

In conclusione va affermato che l’osteoporosi è una patologia di frequente riscontro in età adulta e che la sua migliore terapia è rappresentata da una valida prevenzione basata su un’adeguata assunzione di calcio e vit. D, tenendo presente che nell’anziano è necessario aumentare la quantità assunta di questa vitamina (circa 1000 unità quotidiane).

Franco Rigon
Endocrinologo
Professore dell’Università di Padova in quiescenza